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Riflessioni

di diecimiladraghi del 24/04/2013 alle 11:06



A volte ti riconosci nelle parole di una canzone, di una poesia, parole che descrivono le sensazioni che stai provando, oppure che sembrano descrivere il tuo "modus viivendi", il tuo modo di vedere e cose. Parole in cui ti rifletti, che sembrano restituire l'immagine di te stessa che tu hai. Canzoni, poesie... e libri:

"...Come accade nei momenti migliori di una coppia, avevo istantaneamente ricostruito il percorso dei pensieri di Olivia, senza che ci fosse bisogno di dire di più: e questo perchè la stessa catena di associazioni s'era srotolata anche nella mia mente, se pure in modo più torbido e nebbioso, tale che senza di lei non avrei potuto acquistarne conoscenza.
Il nostro viaggio attraverso il Messico durava già da più d'una settimana. Pochi giorni prima, a Tepoyzotlàn, in un ristorante che allineava i suoi tavoli tra gli alberi d'arancio d'un altro chiostro di convento, avevamo gustato vivande preparate (così almeno ci era stato detto) seguendo antiche ricette delle monache. Avevamo mangiato un tamàl en nogada, che erano peperoncini rossobruni, un po' rugosi, nuotanti in una salsa di noci la cui asprezza pungente e il fondo amaro si perdevano in un'arrendevolezza cremosa e dolcigna.
Da quel momento l'idea delle monache evocava in noi i sapori di una cucina elaborata e audace, come tesa a far vibrare le note estreme dei sapori e ad accostarle in modulazioni, accordi e soprattutto dissonanze che s'imponessero come un'esperienza senza confronti, un punto di non ritorno, una possessione assoluta esercitata sulla ricettività di tutti i sensi.
L'amico messicano che ci aveva accompagnato nella gita, di nome Salustiano Velazco, nel rispondere a Olivia che s'informava su queste ricette delle gastronomia monacale, abbassava la voce come confidandoci segreti indelicati. Era il suo modo di parlare, questo; o meglio, uno dei due suoi modi: le informazioni di cui Salustiano era prodigo (sulla storia e i costumi e la natura del suo paese era d'una erudizione inesauribile) venivano o enunciate con enfasi come proclami di guerra o insinuate con malizia come fossero cariche di chissà quali sottintesi.
Olivia aveva osservato che piatti come questi presupponevano ore e ore di lavoro e, prim'ancora, una lunga serie di esperimenti e perfezionamenti. "Ma passavano le giornate in cucina, queste monache?" aveva chiesto, immaginandosi vite intere dedicate alla ricerca di nuove mescolanze d'ingredienti e variazioni nei dosaggi, all'attenta pazienza combinatoria e alla trasmissione di un sapere minuzioso e puntuale..."

Italo Calvino "Sotto il sole giaguaro"