ANCHE QUESTA E' VIOLENZA SULLE DONNE
di imperfetta del 13/06/2008 alle 11:03
E se la violenza si presentasse sotto forma di malattia cronica, dolorosa, invalidante ed i medici ti trattassero da isterica ed esaurita oppure peggio ignorassero quello che gli racconti? E se per avere una diagnosi precisa della malattia, dopo che ti hanno detto che sei stressata, stanca e che sei esagerata, si debbano attendere tra i 7 e 9 anni, possiamo definire anche questa una violenza? E se il tuo desiderio di diventare madre venga a trovarsi tragicamente, improvvisamente di fronte ad una malattia che invece ha lavorato in silenzio e ti ha occluso le tube, ha creato aderenze, sconvolto e distorto i tuoi organi riproduttivi e chi ti sta intorno ti consola con un "E' la volontà di Dio"? E se per avere un figlio devi spendere tra i 10.000 ed i 20.000 euro andando in terra straniera perchè a casa tua hai una legge che violenta quotidianamente le donne (dicasi legge 40/2004)? E se in pochi anni subisci dai 2 ai 3 interventi in anestesia generale perchè la malattia si è riformata e magari il medico non ha operato in modo degno, si può definire volenza anche questa? Questa violenza che colpisce circa 3 milioni di donne in età fertile in Italia ha un nome, ENDOMETRIOSI un nome che quando nella maggior parte dei casi lo pronunci ti dicono: Endo...che?? Ecco, questo sentirsi dire endo...che?, è la violenza più grande nonostante tu abbia già fatto decine di visite ginecologiche, decine di volte hai raccontato le tue sofferenze, decine di volte hai pianto e pregato che i dolori passassero, ma quell’endo che?, ti riporta sempre e soltanto a sentirti sola e con un grande senso di smarrimento.La tua autostima, i tuoi rapporti sociali, la tua vita di coppia, il lavoro va a ramengo a causa sua, dell’endometriosi che si è intrufolata nella tua vita e si è fatta immediatamente viva con dolori al ciclo mestruale sempre più forti, dolori all'ovulazione che ti piegano in due, dolore ai rapporti sessuali che preghi solo che finisca in fretta e con un dolore lancinante nel cuore perchè ti hanno appena detto che a causa dell' ENDOMETRIOSI, non potrai avere figli. Però lei è violenta e tenera come nessun'altra malattia perchè con tutte noi si è comportata in modo diverso:c'è chi non ha quasi mai dolore, chi dopo un intervento di pulizia ottimale (quando trovi il chirurgo competente) è riuscita ad avere un bambino anche due e chi invece con terapia ormonale continua (estroprogestinici) riesce a condurre una buona qualità di vita. C’è chi invece ha subito dei danni permanenti come una resezione intestinale, la perdita di un rene o lo strazio del vivere 6/8 mesi con un ano artificiale (il cosiddetto sacchetto); chi invece deve fare i conti con un danno chirurgico permanente come la vescica neurologica ovvero non sentire ed avere più la capacità di urinare spontaneamente e quindi doversi autocateterizzare. E questo senza che si possa rientrare in una categoria protetta per le esenzioni o per il lavoro…niente di niente!” L’ ENDOMETRIOSI di fatto non esiste e se ce l’hai ed in sala operatoria hanno sbagliato pazienza, ti tieni le infezioni batteriche e vai avanti e cerchi almeno di attivarti per aiutare altre donne.Ora io mi rivolgo a tutti coloro che leggeranno questo post e mi rivolgo in particolare alle giornaliste: ritenete giusto che in Italia nel 2008, l'ENDOMETRIOSI (dopo quello che ho raccontato, che è solo una piccola parte) non sia ancora stata riconosciuta malattia cronica? E che nonostante gli sforzi di tre parlamentari donne (Bianconi, Bianchi, Zanotti) e l'impegno delle associazioni di pazienti, non sia ancora stata approvata la legge che riconosca alle donne affette da endometriosi la possibilità di ottenere l'esenzione del ticket per le ingenti spese farmaceutiche sostenute? Le donne con endometriosi sintomatica sono circa il 65% del totale delle pazienti e purtroppo per chi lavora nel privato, ma anche nel pubblico, l’assentarsi per malattia almeno 3 giorni al mese o diverse settimane a causa degli interventi chirurgici, il rischio licenziamento o mobbing è dietro l’angolo. L'ignoranza ed il silenzio complice di una parte della classe medica, fa si che le donne con ENDOMETRIOSI si ritrovino a doversi battere con un mostro che le divora all'interno e con i mass media che snobbano o relegano in quart’ ultima pagina le notizie relative agli eventi organizzati dalle associazioni di pazienti. I mass media che dovrebbero fare su larga scala quanto noi stiamo cercando combattivamente di fare: INFORMARE PER PREVENIRE! PER UNA MALATTIA PER LA QUALE NON E' POSSIBILE FARE PREVENZIONE, L'UNICO MODO DI ARGINARE I DANNI PROCURATI DALLA MALATTIA, E' INFORMARE. Informare le ragazzine di 20 anni che NON E’ NORMALE soffrire durante il ciclo, che NON E’ NORMALE fare l'amore ed avere dolore nel retto o sotto la pancia, che NON E’ NORMALE avere continuamente la cistite o il colon irritabile. Una donna forte e coraggiosa ha voluto raccontare la sua vita con l'endometriosi, con le difficoltà legate alla fecondazione assistita ed il suo viaggio "della speranza" in Austria. Una donna che sostiene ed è parte attiva dell'Associazione progetto endometriosi (Ape) Onlus e che ha fatto della sua esperienza un libro dal titolo forte, ma significativo: "Canto XXXV - Inferno - donne affette da endometriosi". Il libro è uscito a fine novembre 2007 ed al momento è in fase di ristampa. Veronica Prampolini, l'autrice, è una giovane donna di Reggio Emilia che con rabbia e caparbietà vuole, attraverso il suo libro, far puntare i riflettori su una malattia che coinvolge circa 3 milioni di giovani donne in Italia. Giovani donne che non possono esprimere al meglio ed in pieno la propria capacità lavorativa e personale. Veronica ha anche creato un sito internet: http://www.donneaffettedaendometriosi.it ed un blog http://blog.libero.it/librodade/ nel quale vengono raccolte le numerose testimonianze e ringraziamenti per il suo impegno. A fianco di Veronica c'è l' Ape onlus - http://www.apeonlus.info/- associazione di pazienti a carattere nazionale con sede a Reggio Emilia che fa del fare informazione sulla malattia la priorità assoluta.Alle signore giornaliste chiedo semplicemente che venga fatta informazione corretta ed esauriente e che non si sottovaluti il problema per l'ennesima volta! Siamo stufe di sentirci classificate come malate di serie "C", le malattie non hanno codici e 3 milioni di giovani donne in Italia hanno diritto a ricevere attenzione ed ascolto e spero di ricevere proprio da queste pagine un aiuto in merito. Grazie! Marisa FONTE DI RIFERIMENTO: http://www.apeonlus.info/
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Sempre Endometriosi
di imperfetta del 13/06/2008 alle 10:57
L'endometriosi è una malattia in parte ancora misteriosa, che colpisce le donne in età riproduttiva. Il nome deriva dalla parola "endometrio", il tessuto che riveste la superficie interna dell'utero e che cresce e successivamente si sfalda ogni mese durante il ciclo mestruale. Nell'endometriosi, tessuto simile all'endometrio si localizza al di fuori dell'utero, in altre aree del corpo. In tali sedi il tessuto endometriale si sviluppa in "noduli", "tumori", "lesioni", "impianti", o "escrescenze". Tali formazioni possono essere causa di dolore, di sterilità e di altri problemi. Esse si localizzano più frequentemente nell'addome interessando le ovaie, le tube di Falloppio, i legamenti dell'utero, il setto retto-vaginale (area tra la vagina e il retto), la superficie esterna dell'utero e il peritoneo (tessuto di rivestimento della cavità peritoneale). Talvolta queste lesioni si trovano anche nelle cicatrici addominali post-chirurgiche, sull'intestino o nel retto, su vescica, reni, ureteri (canali che da ciascun rene aggettano in vescica), vagina, cervice e vulva (genitali esterni). Lesioni endometriosiche sono state trovate anche all'esterno dell'addome, nel polmone, nel braccio, nella coscia e in altre zone, anche se si tratta di casi rari. Come il rivestimento interno dell'utero, anche le lesioni endometriosiche sono di solito sensibili agli ormoni sessuali prodotti dalle ovaie ed in particolare agli estrogeni. Pertanto, le formazioni endometriosiche subiscono un andamento ciclico di sviluppo, di sfaldamento e perciò di sanguinamento. Diversamente dalla superficie interna dell'utero, però, il tessuto endometriale al di fuori di esso non ha modo di fuoriuscire all'esterno del corpo. Il risultato è un ristagno interno di sangue, con decomposizione del tessuto sfaldato a partire dalle lesioni, infiammazione delle aree circostanti e formazione di tessuto cicatriziale. L’esito infiammatorio è inevitabile: l’infiammazione infatti è la risposta che il nostro corpo mette in atto ogni volta che subisce un trauma. È un modo comodo di reagire, perché è immediato e non dipende dal tipo di trauma. Una scheggia conficcatasi in un dito, un attacco batterico o virale o, come nel caso dell’endometriosi, sangue in sede anomala: il nostro organismo ha messo a punto un sistema rapido di attacco al nemico qualunque forma esso assuma. Il processo infiammatorio, però, se non viene disinnescato altrettanto velocemente, tende a cronicizzare. Le cellule dell’infiammazione mettono in campo anche le cosiddette citochine, molecole rilasciate nell’ambiente circostante il punto di attacco del nemico, che hanno la funzione di mediatori dell’infiammazione. Cellule e molecole danno origine ad un meccanismo di autoamplificazione del messaggio infiammatorio. Se la flogosi (= infiammazione) non viene messa sotto controllo in tempo, il suo esito ultimo è la cronicizzazione dello stimolo infiammatorio che danneggia il tessuto sano. La risposta dell’organismo a lesioni e danneggiamenti tissutali è la cicatrizzazione cioè la produzione di tessuto fibroso meno elastico e meno funzionale di quello originario. Spesso questo meccanismo di riparo produce aderenze tra i diversi organi della cavità addominale, ostacolandone i movimenti e la corretta funzionalità. Tutto questo produce dolore. La non sincronizzazione della risposta agli estrogeni tra l’endometrio eutopico (cioè quello che fisiologicamente riveste la cavità uterina) e l’endometrio ectopico (cioè quello fuori posto, quello delle lesioni patologiche) renderebbe ragione, almeno in parte, del dolore cronico legato all’endometriosi, presente cioè in molti giorni del mese se non addirittura tutti i giorni. Anche la formazione di aderenze è causa di dolore. Altre complicazioni, dipendenti dalla localizzazione delle lesioni, possono essere la rottura di tali lesioni (che può essere causa di diffusione delle cellule endometriosiche in altre aree), l'occlusione intestinale (se le lesioni si localizzano nell'intestino o nelle sue vicinanze), disturbi vescicali (se le lesioni sono a livello vescicale), stenosi (= restringimento) degli ureteri con possibile sofferenza a livello renale, e altri problemi ancora. Le formazioni endometriosiche non sono in genere maligne o cancerose: si tratta di un tessuto normale situato in una sede anomala. In questi ultimi decenni c'è stato un aumento dell’osservazione della frequenza con cui lesioni maligne si sono sviluppate da lesioni endometriosiche o sono state osservate in concomitanza con esse. Tuttavia gli studi risultano ancora contrastanti per poter arrivare ad una conclusione univoca in questo senso. Si parla invece di adenomiosi quando le cellule endometriosiche si localizzano nel miometrio, la parete muscolare dell’utero.
Si stima che l'endometriosi colpisca il 10-17% delle donne in età fertile. L’incidenza è spesso sottovalutata e ciò determina un ritardo di diagnosi che si calcola in una media di 7 anni dalla comparsa dei primi sintomi (secondo dati americani, per la metà delle donne occorre incontrare una media di 5 ginecologi prima di ottenere una diagnosi di endometriosi). La malattia si manifesta nell'arco di tempo che va dall’adolescenza alla menopausa. Una volta instaurata, può continuare a manifestarsi anche dopo la menopausa. Vi sono anche rari casi di insorgenza prepubere.
Nel 20-25% dei casi l’endometriosi è asintomatica, mentre per il restante 75-80% i sintomi sono quelli di seguito elencati: dolore pelvico cronico, dolore durante e dopo le mestruazioni (dismenorrea), dolore periovulatorio (a metà ciclo), dolore durante e dopo i rapporti sessuali (dispareunia), dolore alla defecazione soprattutto in corrispondenza del ciclo, dolore alla minzione soprattutto in corrispondenza del ciclo, dolore nella regione lombare e/o lungo l’arto inferiore, cefalea, sangue nelle feci (proctorragia), sangue nelle urine (ematuria), diarrea e/o stitichezza, gonfiore addominale, affaticamento cronico, febbricola, spotting intermestruali, scarsa resistenza alle infezioni, allergie diffuse e problemi correlati, disordini autoimmunitari, aborti spontanei ripetuti, infertilità/sterilità (nel 30-40% dei casi). Nonostante sia stata diagnosticata per la prima volta già nel 1690, la causa dell’endometriosi non è ancora nota. L’endometriosi è una malattia multifattoriale, cioè è determinata da fattori sia genetici sia ambientali. Si nota una certa familiarità e la presenza di fattori genetici, soprattutto con anomalie a carico del sistema immunitario. Alcuni studi la correlano alla presenza di sostanze presenti nell’ambiente come conseguenza delle lavorazioni industriali o come residui di prodotti usati in agricoltura tipo pesticidi (es: diossina). La teoria oggi maggiormente accreditata è quella della cosiddetta mestruazione retrograda. Ad ogni ciclo mestruale, una parte del sangue e delle cellule in esso contenute esce attraverso le tube nella cavità peritoneale e lì le cellule proliferano dando origine alle lesioni endometriosiche. Secondo la teoria metastatica la disseminazione di cellule endometriali avverrebbe tramite il flusso sanguigno e il sistema linfatico, per arrivare in sedi lontane dall’addome. Secondo la teoria metaplastica le lesioni si formerebbero in seguito a differenziamento locale in senso endometriale di cellule dell’apparato genitale che hanno un’origine embrionale simile a quella dell’endometrio.
Attualmente non esiste una cura definitiva per l’endometriosi. Ciò che può essere trattato sono il dolore ed eventualmente la sterilità. Contro il dolore, che può variare da lieve ad estremamente intenso fino ad essere insopportabile, si prescrivono i FANS (antinfiammatori non steroidei) ovvero i più comuni analgesici. Molto spesso però il trattamento del dolore al momento del suo manifestarsi è insufficiente perché tale dolore tende a diventare farmaco-resistente; si ricorre allora a più potenti narcotici, su prescrizione medica.
Per contrastare la progressione dell'endometriosi si effettuano in genere terapie di tipo ormonale, per esempio composti estroprogestinici tipo pillola anticoncezionale somministrata per lunghi periodi. Inoltre, si usano farmaci a contenuto solo progestinico che inducono uno stato di pseudogravidanza. Per terapie a più breve termine sono in uso analoghi degli ormoni ipotalamici che inducono uno stato di pseudomenopausa. Questi trattamenti farmacologici hanno pesanti effetti collaterali, sono perciò molto faticosi da sopportare perché creano squilibri difficili da accettare per una giovane donna e notevoli ripercussioni sul fisico. Si ricorre spesso alla terapia chirurgica. In sede di intervento laparoscopico si asportano le formazioni endometriosiche. La laparoscopia è un intervento mediamente invasivo in cui, grazie a strumenti a fibre ottiche, il chirurgo si rende conto del quadro addominale e pelvico della paziente. Talvolta la laparoscopia non è possibile e si opta per una laparotomia con taglio dell’addome. Nonostante si cerchi di effettuare interventi il più conservativi possibile degli organi genitali interni, in casi più gravi si deve arrivare all’asportazione dell’utero (isterectomia) e/o delle ovaie (annessiectomia) molto spesso inaccettabili data la giovane età delle pazienti. Chirurgicamente talvolta è necessario arrivare alla resezione intestinale, all’asportazione di un rene, ecc., quando l’endometriosi abbia già intaccato quegli organi compromettendo in modo pesante la loro funzionalità e la qualità di vita della donna.
Sfortunatamente, la malattia essendo cronica quasi sempre persiste e necessita di nuovi trattamenti. Fonte di riferimento: http://benesseredonna.forumfree.net/?t=23530696
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