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Secondo gli studiosi, con questa nuova metodica potrebbero essere archiviati in appena 41 grammi di Dna i 90 petabyte di dati (il petabyte corrisponde a un milione di miliardi, cioè 1 seguito da 15 zeri), prodotti dai laboratori di fisica delle particelle del Cern di Ginevra. “Si tratta di un modo efficace e durevole di preservare i dati – afferma Nick Goldman, a capo del team di ricerca – come dimostra il paleodna di animali estinti, per esempio il mammut, giunto fino a noi dopo essere rimasto conservato nei ghiacci per millenni”.